mercoledì 23 febbraio 2011

Rivolte 2.0

E' il momento delle rivolte.
Algeria, Bahrein, Egitto, Gibuti, Giordania, Iran, Iraq, Libia, Marocco, Kuwait, Palestina, Siria, Tunisia, Yemen. E poi la Cina.
C'è chi si chiede perché da noi, in Italia, non si muova foglia.
Mi viene da ridere.
Per lo stesso motivo per cui in quei paesi i rivoluzionamenti sono scoppiati adesso e non anni prima.
Perché si aspetta di raschiare il fondo del barile.
Le rivolte, e le rivoluzioni che talvolta ne conseguono, in quei paesi, sono cose serie.
Nel nostro Occidente (A-ccidente?!) è tutto diverso.
Nessuno, o quasi, muore di fame. Fra qualche anno, quando la mia generazione e quelle a seguire non potranno comprarsi una casa, non avranno abbastanza soldi per l'affitto, per i figli, per mangiare, le cose cambieranno.
Per ora stanno ancora tutti abbastanza bene. Si va al cinema, si va in pizzeria, si va dall'estetista e dalla parrucchiera, a fare l'aperitivo, in settimana bianca e al mare d'estate.
Aspettiamo ancora un po'. Il fondo del barile, appunto, che prima o poi arriva.


In tempi in cui, purtroppo, la rivolta appare come unica risposta possibile a una società senza certezze, senza possibilità di giustificare il proprio dominio, se non l'essere una dittatura, se non attraverso l'uso della forza o la seduzione del consumo.
Ben svegliati nell'epoca del disastro.
Che nemmeno un film di Tourneur saprebbe rendere.
Ah, già, oggi c'è la rete.
Meglio dire, allora, che nemmeno il Grande Fratello riesce a fare tanto.
Nell'era 2.0, Facebook, Youtube, Google, Twitter, almeno servono a qualcosa di serio, per provare a realtà lontane anni luce da noi.

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