domenica 16 settembre 2012

Matrimoni

In settembre Roma è meravigliosa, ed è pure "infestata" (si fa per dire, eh) di matrimoni.
Forse è solo una mia impressione, ma tutti i sabati e le domeniche mi trovo a camminare ai piedi del Campidoglio e "assisto" tassativamente a qualche matrimonio.
A proposito niente, volevo solo dire che io ho già scelto l'abito (per me low cost).

sabato 11 agosto 2012

GUARDARE LE OLIMPIADI O DIRE CAZZATE?

Non ho dubbi che Massimo Gramellini sia contento dei 153 commenti che seguono il suo articolo "Troppi giochi" apparso su La Stampa il 10 agosto. L'ha sparata grossa e questo in giornalismo, si sa, premia sempre.
Scrive, Gramellini:
"Faccio un tifo affettuoso per le ragazze coi nastri e le clavette, eppure non posso evitare di domandarmi: siamo alle Olimpiadi o al circo Togni? Ho il massimo rispetto per coloro che li praticano con dedizione e destrezza, ma ai Giochi ci sono sport che sembrano, appunto, dei giochi."
Lui le ragazze della ritmica le segue con "affetto". Così come seguirà con affetto tutti i praticanti di quegli sport che, secondo la sua modestissima opinione, appaiono più come giochi da circo che come discipline degne di un'Olimpiade.
Innanzitutto mi piacerebbe venire a conoscenza del metro usato da Gramellini per decretare chi e cosa valga a sufficienza per essere ritenuto adeguato ai tornei Olimpici.
In secondo luogo, non sono riuscita a cogliere un'accusa realmente sensata. Perché quella di "sembrare giochi" è un'accusa francamente risibile.
Continua, poi, il nostro giornalista:
"Ieri, prima delle clavette, ho visto gente buttarsi da un muro con delle bici e poi pedalare sopra le montagne russe. Sembrava una pubblicità sullo stato d’animo dei risparmiatori italiani o uno spareggio di «Giochi senza frontiere». Invece era una gara olimpica, il Bmx."
Il Bmx.
Ecco, probabilmente prima di vedere quella gara Massimo Gramellini non sapeva nemmeno cosa fosse. E allora basta dirlo, dillo che non sei un appassionato di sport. Che forse questa sorta di rubrica sulle Olimpiadi gli è stata commissionata da La Stampa ma lui, in realtà, non se ne intende.
Il Bmx è letteralmente il Motocross in bicicletta. Io non ne conosco la preparazione, perciò sto zitta. Ma Gramellini vi si può cimentare, per provare a capire se si tratti di un giochetto buono per i Giochi della Gioventù scolastici (ho letto che nella categoria Elite gareggiano dai 19 anni in su, anche quelli della sua età.

Non è finita qui:
"Poi ci sono le sirenette che danzano in acqua. E quelle che prendono a racchettate un volano come bambini sulla spiaggia. Perché il volano sì e il calciobalilla no? E il flipper? E il vecchio caro ruba-bandiera? Il tiro alla fune in tv sarebbe uno spettacolo, per non parlare della corsa nei sacchi: vedrete che la inseriranno in programma, prima o poi."
Come anche Massimo Gramellini saprà, Volano è il nome italiano per il Badminton. Ma forse lui non sa che è uno degli sport di racchetta più rapidi, in cui prontezza fisica e di riflessi devono essere al massimo. E, tra l'altro, sport assai antico.
E le "sirenette che danzano in acqua"? Le parole non sarebbero nemmeno degne di commento.
Le sirenette sono le ragazze del Nuoto Sincronizzato. Anche a proposito di questo settore, se vuole, Gramellini può documentarsi, per provare a comprendere cosa stia dietro all'esercizio al quale lui assiste dal divano di casa.

E' convinto che i Giochi Olimpici propongano troppe discipline. Parla di "troppismo"
Dice proprio così e io, mentre lo rileggo, ho la pelle d'oca:
"Questo troppismo è il sintomo di una civiltà guastata dall’incapacità di scegliere e dalla smania di accontentare qualsiasi nicchia. Si pubblicano troppi libri, si organizzano troppi convegni, stipando il palco con troppi ospiti. Si fa assomigliare la vita a certi buffet economici, dove la qualità non eccelsa dei cibi è mascherata dalla loro esorbitante quantità."
Dice che le troppe discipline olimpiche sono simbolo di una civiltà con "smania di accontentare qualsiasi nicchia". E meno male, rispondo io.
Perché non lasciamo a casa i calciatori dalle Olimpiadi, per esempio? Eh?
Siamo bombardati per 300 giorni l'anno di partite calcistiche: campionato italiano e campionati esteri, Champions League e Coppa Uefa, Coppa Italia e via dicendo.
Non bastano? No, ci sono anche le Olimpiadi di calcio.
Preferisco il Badminton e la Ginnastica Ritmica allora, che non sono caricati da sponsor, i cui atleti non sono milionari e faticano allo stesso modo.

L'ho già detto, ma ringrazio infinitamente Massimo Gramellini per aver dato pubblicamente prova di quello che io personalmente penso di lui da sempre: saccenza, arroganza, sufficienza e ignoranza.
Conosco il giornalismo e capisco le provocazioni, ma la mancanza di delicatezza, rispetto e sensatezza (oltre che di una minima conoscenza di ciò di cui si parla) nei giorni in cui si svolge la gara più importante per le atlete di Ginnastica Ritmica come per gli atleti degli sport da lui menzionati sono prova di una sua certa povertà.

Sarebbe quindi un bene non dire che cazzate così, giusto perché ci si annoia davanti il televisore in queste calde giornate di agosto.
Quindi non diciamole, queste stupidaggini.
Io sono stata una ginnasta agonista e parlo, a ragion veduta, solo per la Ginnastica Ritmica, Sport con la "Esse" maiuscola, che richiede una preparazione atletica, un coordinamento e una fatica fuori dall'immaginazione di chi non l'h praticata e dall'immaginazione dello stesso Gramellini. Almeno 8 ore di allenamento giornaliero per le ragazze "che giocano coi nastri" che lui ha guardato e tifato "affettuosamente" durante queste Olimpiadi.
Un allenamento che non consiste nel preparare un balletto, ma nello stringere i denti e sudare, caro Massimo. La Ginnastica Ritmica non la si fa per tenersi in forma così come si può fare aerobica un giorno alla settimana, in palestra. Ma la si fa per passione e con una forza di volontà non comuni.
Lo sapeva anche la mia professoressa di educazione fisica, a scuola, quando mi ripeteva che con la giusta preparazione fisica con cui la Ritmica imposta le proprie atlete si è in grado di praticare con successo una buona parte (se non la maggior parte) degli sport.

Per finire, Massimo Gramellini, da ragione a tutto quello che ho detto specialmente nelle ultime righe del suo allucinante pezzo:
"Per fortuna la memoria è selettiva e alla fine dei Giochi trattiene il ricordo di chi corre, nuota, tira di scherma e gioca a basket o a pallavolo. La memoria è più saggia di noi: le interessa solo l’essenziale."
Ecco, abbiamo capito.
Gramellini alle Olimpiadi vuole solo cinque discipline: l'Atletica, il Nuoto, la Scherma (che anche se Montano va ai reality è comunque uno sport di nicchia, glielo faccio presente), il Basket e la Pallavolo.

Io non aggiungo altro ma, forse, gli antichi Greci (e forse anche gli Dei dell'Olimpo) si staranno rivoltando nella tomba perché forse Gramellini non sa nemmeno che già nelle edizioni a.C. erano più di venti gli sport presenti ai Giochi, e gli unici a non potersi preparare per parteciparvi erano gli schiavi, i barbari, gli assassini e i sacrileghi.

martedì 31 luglio 2012

Farsi un regalo costa caro

Non so perché ma quando mi faccio un regalo, e quindi compro qualcosa (qualsiasi cosa) per me, mi ritrovo poi a dover scontare un grossissimo senso di colpa.
E' questo il prezzo di cui parlo, il costare caro del "regalo" che posso essermi fatta.
Non è così per quello che posso aver acquistato per mia figlia o pensando al mio compagno.
E' una sensazione che avverto solo nei miei confronti.
Come se non avessi mai dovuto farlo o, in qualche modo, non me lo fossi mai meritato.
In questo caso, però, non ho avuto alternative. Resistere è stato impossibile.

venerdì 6 luglio 2012

Vorrei la neve

Sono sempre stata una che se mi lasciavate il 1° di giugno in spiaggia, stesa sul lettino, il 31 agosto mi avreste trovata ancora lì, nella stessa posizione.
Nel senso che sono sempre stata un "animale da spiaggia", peggio di una lucertola al sole.
Non ho mai sofferto né percepito il caldo (nemmeno durante le estati peggiori, e forse quest'ultima ce ne sta mettendo di suo per battere ogni record).
Sarei stata sotto il sole a picco per mesi interi, con qualche bagno in mare e nient'altro.
Non credevo sarei mai riuscita a dire che invece, oggi, se fosse per me rimetterei piede in una qualsiasi spiaggia fra una decina d'anni.
No, non che sia cambiata io.
E' la piccola, Clara, che rende l'idea della spiaggia come una montagna di sabbia da scalare nel bel mezzo del deserto.
Secchielli e palette sono il male minore, ma l'altalena a mezzogiorno, quando non si riescono ad appoggiare i piedi sulla sabbia (perché davvero è infuocata) sono troppo...
Ok, forse esagero...è che dopo tre settimane di spiaggia quotidiana con lei immagino già il momento in cui potrò dirle "sì, vai pure" e mandarla da sola a giocare con le sue amichette in riva al mare e io potrò tornare al mio amato (ed ora tanto agognato) lettino, al libro da leggere e all'ipod nelle orecchie.
Madre degenere?
Mmh..fra quelle che sto frequentando in questi giorni (madri con figli in spiaggia) percepisco che il mio sia un pensiero più che condiviso..

lunedì 21 maggio 2012

'NA SETTIMANELLA

La settimana è partita male, ok.
Bomba e terremoto.
Sembra che le cose non capitino mai per caso, che ci sia sempre coincidenza tra sfighe e momenti di merda per il paese in cui succedono. Anche se poi, tutte le volte (terremoti, alluvioni o nevicate che siano) si dice "adesso ci mancava solo questa". Come se ci fosse un momento più adatto per le sfighe, come se ci fosse un momento in cui (e parlo dell'Italia) il Paese non sia "in merda".


Così parliamo d'altro. La settimana è iniziata male ma può migliorare.
Giovedì, a Roma, viene presentata la tre giorni di ROMA-Contemporary, nella sede testaccina del MACRO (Piazza Giustiniani 4).
Questa sarà la 5° edizione della Fiera d'arte contemporanea, e speriamo possa replicare i numeri di anno scorso (43mila visitatori).
Una settantina le gallerie presenti, provenienti da Catania a New York, da Stoccolma a Monteriggioni passando per Torino e Ginevra.


Le esposizioni saranno articolate in tre diverse sezioni: Main Fair (quella principale, dedicata alle maggiori gallerie internazionali d'arte moderna e contemporanea), Start Up (per le gallerie giovani, che abbiano aperto dal 1°gennaio 2007, e che puntino sul lavoro di giovani) e Out of Range (negli spazi all'aperto del MACRO, accoglierà opere di grandi dimensioni oltre a video-proiezioni e performance).




Negli stessi giorni (dal 24 al 27 maggio) a Mantova avrà luogo la 2° edizione di MantovaCreativa (Creatività e Impresa a confronto). 
Manifestazione (se così può essere chiamata) che vedrà lo svolgersi di un centinaio di eventi creativi in luoghi, aperti o chiusi, della città, coinvolgendo artisti, architetti, designers, fotografi, grafici, musicisti, attori, ballerini e scrittori.


Ancora giovedì 24, al Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, inaugurerà Mimmo Paladino-Ceramiche. Un centinaio di opere, tra le quali alcune inedite realizzate per l'occasione, che accompagnino alla scoperta di tutta la sua poetica: gli oggetti di forte impatto emotivo posti nelle concavità di pannelli, le sculture dipinte dalla forma tridimensionale, le torri di grandi dimensioni...e, inoltre, nuove serie di Vasi Ermetici, di Dormienti e lastre di ceramica dipinte come fossero tele.
Mimmo Paladino
Questa è, poi, un'occasione utile per visitare quello che è a mio parere uno dei più bei musei e che contiene la più ampia collezione di ceramiche esistente al mondo.




Mercoledì 23, a Bari, alla Galleria BLUORG, AMICI PER LA PELLE-De Dominicis e Vettor Pisani. Artisti controversi, allegorici e misteriosi del '900 italiano. Fino al 24 giugno.


Ai Weiwei
Tornando al tema della ceramica Venerdì 25 sarà l'ultimo giorno utile per visitare, a Milano, l'esposizione di ceramiche e marmi del grande artista/attivista cinese AI WEIWEI presso LISSON GALLERY (via Bernardino Zenale).



lunedì 14 maggio 2012

ASHLEY MADISON.COM, Anche l’infedeltà si fa “social”


“La vita è breve. Concediti un’avventura”.Si viene accolti con queste parole sul sito www.ashleymadison.com, portale americano leader di incontri per persone sposate (e non solo) in cerca di avventure “discrete”, scappatelle e vere e proprie relazioni extraconiugali.

Meccanismo che in Italia potrà rappresentare una curiosa novità e che per più motivi, uno su tutti la presenza della Chiesa cattolica, potrà essere guardato con diffidenza.
Anche se, fino ad oggi, il sito non sembra aver subito mai alcuna “crisi”: partito dagli States e già attivo in oltre 20 paesi nel mondo, Ashleymadison,com vanta cifre di iscritti da capogiro: 14 milioni di persone hanno perlomeno provato ad intraprendere questa “esperienza”.

La piattaforma è appena approdata anche in Italia , così ne abbiamo incontrato il giovane fondatore e CEO Noel Biderman, a Roma per l’occasione.Di seguito la chiacchierata con lui.



sabato 21 aprile 2012

Bellezze

Io la tesina d'arte moderna non la feci a caso..e nemmeno l'avevo vista dal vero S.Maria della Pace,

venerdì 20 aprile 2012

Schifezze

Non ho la laurea in politologia, è vero.
Ma non serve alcuna laurea per capire quello che sta succedendo.
Non crediate a niente di quello che potrete leggere sui giornali o di quello che potrete sentire guardando la televisione. E non crediate nemmeno alla rete (che poi le notizie son le stesse).
La politica non esiste più, e sono stati gli stessi partiti, con i loro vergognosi esponenti, ad ucciderla.
Siamo arrivati ad un punto di non ritorno, e non serve un governo tecnico ("non di parte") a fare i miracoli.
Perché di interessi vivono anche loro, come il resto della "ex" (possiamo provare a dirlo?) classe dirigente del paese.
Ci vuole serietà.
E il problema è che non ho nemmeno un nome in mente da associare alla parola serietà.

mercoledì 4 aprile 2012

martedì 6 marzo 2012

Lost in Ugliness

Per un percorso approfondito nell'universo delle scempiaggini vi consiglio A New Kind Of Beauty, il libro del fotografo Philip Toledano.


Un libro che, come potete vedere sopra, ripropone (sulla cresta di marchette varie) "esempi" di corpi chirurgicamente modificati (o, più probabilmente, menomati) dalla chirurgia plastica.

Già il fatto che ci si possa anche solo porre la domanda del "se quando ci si rifà si stia creando un nuovo tipo di bellezza" mi fa perdere ogni speranza..
Se poi leggo la domanda rivolta agli avventori del sito del fotografo in questione, allora, ho voglia di lanciare veramente il pc dalla finestra.

giovedì 1 marzo 2012

Vite

La vita è strana, assurda, una cosa non pienamente chiara a nessuno...ma è così.
L'unica cosa certa è la morte, no?
Sì.
Io ci penso sempre, da quando ero piccola. Perché mi spaventa, non lo nascondo.
Mi terrorizza, e spero sempre nella riuscita di qualche ricerca o esperimento sulla soluzione per la vita eterna.
E ci penso sempre perché credo possa valere come esercizio a ritrovarvisi un pochino più pronti quando arriverà, quando presenterà il conto, quando toccherà una persona cara e così via.
Oggi sarà "capitata" (la morte) a non so quante persone e a Lucio Dalla, pilastro della musica italiana e amico fraterno di miei amici.
Un abbraccio accompagnato dalla canzone che preferisco


giovedì 16 febbraio 2012

La fotografia della vita che conta

Ho scritto queste poche righe qualche giorno dopo aver conosciuto Giada Paolini e le sue opere.
In occasione della sua prossima personale le rispolvero, perché ancora valide.

Giada Paolini è una autoartista. Conio per lei il termine, perché altra parola non sarebbe più giusta.
Questo può essere detto in introduzione al suo lavoro e per raccontare il suo percorso nel campo della fotografia.
Si avvicina al mezzo non prima del 2009, andando a completare da autodidatta un portfolio interamente composto da autoscatti: una raccolta comprendente unicamente fotografie in autoscatto, da leggere in chiave autobiografica. Una raccolta che, quindi, altro non è se non un racconto della sua storia, della sua vita dalla nascita ad oggi (con i suoi venticinque anni) che balla sul filo delle emozioni.
Sono queste, le emozioni, che Giada ha scelto come filo conduttore per raccontare e regalare al pubblico, con il mezzo fotografico, l’ingombrante bagaglio emozionale che porta con sé.
Vi si trovano rappresentati gli stati d’animo che tutti noi, ognuno a modo suo, siamo portati a sperimentare lungo il percorso di vita. Dal dolore alla rinascita, passando attraverso un inevitabile purgatorio.
Giada presta il suo corpo e la sua faccia a questa causa.
Ci si mostra velata negli scatti del dolore, ci si para davanti vestita da dama nella cornice esclusiva di ruderi e rovine, cimiteri e luoghi vacui, vuoti, distrutti, con un passato alle spalle e pregni di storia e vita vissuta. 
"Se si smette di guardare il paesaggio come prodotto dell’attività umana, subito si scopre una quantità di spazi indecisi, privi di funzione sui quali è difficile posare un nome. Questo insieme non appartiene né al territorio dell’ombra, né a quello della luce. Si situa ai margini" ha detto Gilles Clements.
Giada racconta il suo percorso e la sua rinascita anche sfruttando sapientemente sfondi metafisici.
Il riferimento ad opere pittoriche è casuale. Ma insegna quanto, la pittura, possa avere influenza sull'immaginario collettivo. Lungo la sua produzione si scorgono, invece, diversi allacci alla filosofia antica e moderna. Il suo lavoro di artista svolto da un’unica e determinata prospettiva, analizzando l’oggetto della sua arte da uno solo degli infiniti punti di vista possibili, come ci avrebbe raccontato Platone.
E, quindi, la particolarità della sua opera è esattamente il prestarsi, lei stessa, a divenire oggetto delle sue rappresentazioni, facendo emergere i suoi stati d’animo e lasciando che questi, poi, si donino alle più svariate forme di interpretazione da parte di chi osserva.
In secondo luogo, un senso profondo del lavoro di Giada Paolini si riconosce ampiamente nel filone del discorso di Charles Taylor circa l’esistenza di una svolta espressiva (expressivist turn). Pensiero per il quale il cammino di armonizzazione inizia con l’ascolto di una voce interiore, così da riuscire a trovare la propria verità nei propri sentimenti e, attraverso la verità, riuscire ad esprimere noi stessi.
Ecco, l’introspezione e la presa di coscienza di Giada Paolini coincide con l’idea di Taylor secondo cui il Sé, nella sua riscoperta, altro non è che il nucleo del divenire dell’essere umano.
Guardate, immedesimatevi e servitevene tutti: vi ritroverete, attraverso i suoi scatti, nel pieno della vostra intimità, come se veniste colti a sorpresa mentre fate il bidet.
Inaugurerà presso Famiglia Margini, il 3 marzo 2012, la sua prossima personale:
DENTRO L'ANIMA 


mercoledì 15 febbraio 2012

Cuba Libre

Che il cocktail cuba libre tragga spunto dall'indipendenza ottocentesca di Cuba o dall'omonimo giornale rivoluzionario (fondato nel 1928) non ha importanza.
Perché Cuba Libre è il titolo del libro fotografico di Sylvie Lancrenon, il cui soggetto è nientemeno che una stratosferica Emmanuelle Béart (libro che ha già compiuto quattro anni...edito nel 2008).
Lo stavo sfogliando poco fa.
Il miracolo che può far accadere una donna, con la sua sola figura, e il miracolo che può far accadere una fotografia, con il suo solo lavoro.
E' tutto qui,
in questo libro.


(a Schirmer/Mosel Production... http://schirmer-mosel.com/homee1/index.htm)

sabato 11 febbraio 2012

L'inganno dell'arte, del sistema arte.

Confusione e privazione di senso nell'arte contemporanea

Se si vanno a rivedere le parole di Filippo Tommaso Marinetti all’epoca della stesura del Manifesto Futurista ci si accorge immediatamente che qualcosa di molto grande è cambiato. Non tanto in termini di operazioni artistiche, ma in merito alle figure che ruotano intorno al mondo artistico.
Marinetti, di fatti, era convinto della superiorità della lungimiranza dell’artista, attribuendo allo stesso un ruolo di profeta , in quanto unico ad avere capacità di intuizioni folgoranti utili ad indirizzare la coscienza collettiva.
Ripensare a tutto ciò e farlo calzare al mondo/sistema dell’arte contemporanea non è possibile.
Cosa e quanto sia cambiato è evidente a tutti o, perlomeno, a chi di questo si interessa.
Lo spunto di riflessione mi viene dall’articolo di Jean Clair apparso il 5 febbraio scorso su Repubblica: L’inganno del critico. Articolo nel quale Clair ripercorre le tappe della nascita e dello sviluppo della figura del critico d’arte e della critica d’arte come disciplina.
La critica d’’arte è nata nel 18°secolo, quando le opere d’arte iniziano a non essere esclusivamente rivolte ad una committenza pubblica (“religiosa o principesca”), ma si fanno espressione di un gusto individuale e rivolte ad un pubblico profano. Ed è proprio il momento in cui le cosiddette “Belle Arti” sgombrano il campo in favore dell’arte come “qualità propria ed inimitabile di un individuo che si crede genio” (l’artista, appunto). Siamo intorno al 1750 e, parallelamente all’estetica, in conseguenza ad un’arte-oggetto per il piacere di privati, nascono la critica e il mestiere di critico.
Da lì in avanti il critico si è sostituito al resto, si è fatto interprete della mutezza delle opere d’arte, parlando per loro e, molto spesso, per l’artista stesso.
Si è fatto portavoce (e in taluni casi fautore) di manifesti esplicativi dei vari mari movimenti artistici, dettando regole e programmi (non più iconografici ma frequentemente “politici”). È avvenuto, nel tempo, quello che Clair nel suo articolo dice essere uno stato di “politica esteticizzata ed estetica politicizzata” cui l’artista si è trovato a dover obbedire.
Jean Clair, spiegando uno dei motivi che l’ha portato al “dimettersi” dall’essere critico d’arte, racconta la non troppo lunga vita del suo “Chroniques de l’art vivant”, rivista grazie alla quale ha sperimentato come sia possibile (in linea con l’ormai trito e ritrito McLuhan, il medium è il messaggio) lanciare sul mercato dell’arte nomi e prodotti a propria discrezione: non importa l’oggetto in sé ma la sua esposizione, il valore che si decide di attribuirgli e la pubblicità che gli si riesce a dare.
Clair ha descritto tutto ciò come “esperienza di arti fittizie e mercati ingannevoli”.
Una cosa non troppo diversa era stata detta da Vittorio Sgarbi durante l’intervista del 17 gennaio scorso per il Bollettino dell’Arte, nel corso della quale ha denunciato l’esistenza di una sorta di mafiosità nelle infrastrutture del mercato dell’arte, riferendosi proprio al ruolo giocato da alcuni critici contemporanei  nel condurre l’artisticità nel vicolo cieco del dogmatismo.
Lo stesso Sgarbi, in un articolo uscito su Il Giornale il 2 febbraio, riferendosi alla freschissima nomina di Massimiliano Gioni a direttore della Biennale di Venezia, ha trattato in modo davvero “critico” la figura del curatore indipendente che, “con il progredire dell’ignoranza e degli schieramenti  legati al mercato”, ha sostituito il critico.
Se, per tornare brevemente a Clair, la condizione essenziale per influenzare l’andamento della storia e del mercato dell’arte era l’accordo tra mercante, storico e critico d’arte , oggi vediamo sedersi in prima fila anche (e soprattutto) il curatore.
E qui, allora, mi collego all’articolo di Antonello Tolve (uscito sul numero di febbraio 2012 di ArsKey) intitolato “Cura della cura”. Articolo in cui Tolve prova a dare una definizione della figura professionale in questione. Il curatore: apparso negli anni ’90 del secolo scorso come prodotto di una frammentazione del lavoro, figura discutibile e discussa.
Figura professionale che avrebbe dovuto dare ordine in un quadro di ripensamento e modernizzazione delle esposizioni artistiche, nell’ideare e proporre percorsi espositivi e spunti di riflessione.
Il saggista-architetto Koolhaas parla di una professione “dove si approva o disapprova. Un sistema di selezione che espone e giudica” ed anche un ruolo che non può permettersi pietà, preparando “i nuovi talenti al loro debutto” salvo poi tagliarli fuori dalla scena “quando hanno esaurito l’attenzione del pubblico”.
È la logica dello spettacolo utile solo in quanto carburante della macchina economica e del ritorno personale di chi organizza o sponsorizza tutto questo.
A tal proposito si è espresso anche Charles Saatchi  che (pochi mesi fa su The Guardian) ha definito il nuovo mondo dell’arte contemporanea “profondamente imbarazzante”.
In un quadro più vasto, in cui se la prende con tutti, dai collezionisti al pubblico passando per i critici, Saatchi ha parlato di curatori insicuri e capaci di esporre esclusivamente “installazioni post-concettuali incomprensibili” apprezzabili solo dai loro colleghi “ugualmente insicuri”.
E ancora, un curatore descritto come gelido e opportunista, interessato unicamente al proprio percorso e alla propria carriera. Un “filippino della critica” l’ha definito Achille Bonito Oliva, un Globe-trotter dell’arte che dovrebbe piacere al premier Monti per la poca monotonia del suo lavoro e per il suo adattamento d’obbligo all’idea dell’uomo flessibile di Sennett (“i lavoratori di oggi sono sempre in cammino, costretti ad inseguire i repentini e imprevedibili mutamenti economici”).
Così, se per Jean Clair la fortuna delle opere d’arte, delle correnti e dei movimenti artistici sono decretate dall’unione di forze tra mercante, storico e critico; se per Vittorio Sgarbi esiste una mafia del mercato artistico diretto da alcuni critici ed operatori di settore; se Charles Saatchi dice che i collezionisti sono tanto ricchi quanto ignoranti per cui l’arte è solo affermazione sociale, che i curatori sono insicuri e inadeguati, che una parte di pubblico presenzia a tutte (veramente tutte) le vernici per disporre liberamente del buffet senza sapere per quale artista si stia facendo (la vernice); se Bonito Oliva parla del curatore come di un mercenario...
Se è tutto così, mi chiedo, colui che è l’artista (che la materia prima del sistema la produce, e che forse una qualche voce in capitolo dovrebbe ancora averla nel calderone dell’arte contemporanea) dov’è? Cosa fa? Quale gradino occupa?
Forse i vari curatori, i critici, gli storici (e così via) oggi sempre più simili a grandi manager, hanno dimenticato l'artista lungo la via della loro deprimente carriera.

martedì 7 febbraio 2012

ART&FINANCE REPORT – Guida all’investimento felice

Il  ruolo dell’arte in rapporto alla finanza secondo Deloitte e ArtTactic

È un peccato che la cifra record sborsata (nell’aprile 2011) dalla famiglia reale del Qatar all’armatore greco George Embiricos per “I giocatori di carte” di Paul Cézanne sia stata rivelata solo pochi giorni fa: 250 milioni di dollari, che sono costati la perdita del primato di opera più pagata al mondo al “No 5 1948” di Jackson Pollock.
È un peccato perché la cifra sarebbe forse servita alla stesura del primo Art&Finance Report, pubblicato a dicembre 2011 grazie all’unione di forze  tra la società lussemburghese Deloitte e gli analisti di ArtTactic.
Nulla di strano, ma un atto di ricerca dovuto circa l’andamento  del mercato dell’arte mondiale e l’analisi della nascita di una Art&Finance Industry.
Un atto dovuto perché, dati alla mano, i dubbi si dissipano in buona parte:  oggi è possibile parlare della nascita di un’industria dell’arte e della finanza perché, negli ultimi dieci anni, la crescita del mercato dell’arte e delle sue infrastrutture ha trainato la considerazione di manager e Art Advisor  per l’arte come interessante bene da offrire nelle varie soluzioni finanziarie tradizionalmente richieste alle banche.
La teorizzazione di questa Art&Finance Industry è supportata dai sondaggi che Deloitte e ArtTactic ha condotto tra luglio e ottobre 2011. Il primo, ha visto coinvolte 19 grandi banche mondiali con lo scopo, appunto, di arrivare a capire quale sia la percezione e quali siano le potenzialità dell’arte come patrimonio.
I gestori patrimoniali coinvolti hanno confermato (l’83%) che esistano buone basi per considerare beni di questo genere come asset class.
Un secondo sondaggio rivolto a 140 professionisti del settore arte (gallerie, case d’aste, e consulenti ) il cui 48% ha parlato di investimenti artistici, dei propri clienti, spinti principalmente dal ritorno economico.
Tesi ripresa anche da 48 collezionisti fra i più importanti al mondo, il cui 39% pensa all’arte come fondamento per la diversificazione del proprio portfolio di investimenti.
 Non è troppo complicato comprendere il percorso: bastano i numeri.
Se nel 2000 il mercato di arte contemporanea statunitense ed europeo contava 254 milioni di dollari, nel 2011 è salito a 2,1 miliardi di dollari. Anche grazie alla costituzione di una nuova geografia di mercato, e all’irrobustimento  e alla forza della domanda asiatica. La Cina, di fatti, è salita al secondo posto del mercato globale con il 23% di transazioni. Ed è prima se si osserva il fatturato di aste di belle arti (e cinese, forse non importa, è Ai Wei Wei, che ArtReview ha fregiato nel 2011 del titolo di artista più influente del pianeta).
C’è poi l’America Latina, che con i suoi due fondi di investimento nel settore artistico Artemundi e Brazilian Golden Art Fund è arrivata a 100 milioni di dollari tra il 2009 e il 2011 (il primato spetta ancora alla Cina, con un totale di 320 milioni raggiunti nel 2011).
Questi sono i presupposti che l’Art&Finance Report ha individuato come basi su cui la nuova industria d’arte e finanza deve evolvere: la nascita di nuove compagnie specializzate in investimenti d’arte e il coinvolgimento crescente di banche che offrano finanziamenti legati all’arte.
Ma Deloitte e ArtTactic, infine, evidenziano nel loro rapporto i punti cardine su cui ancora ci si deve applicare per farsi che la macchina di questo nuovo connubio continui il suo percorso.
Non esiste tuttora un sistema di analisi comparativa condiviso a livello globale del rischio di investimento in arte. Di conseguenza il rischio più grosso può essere quello che il mercato dell’arte non esista affatto e che, per l’arte contemporanea in primis, tutto si giochi nel sottile equilibrio tra mode e liquidità.
Ed è proprio il rischio di liquidità da imparare a comprendere quando l’arte diviene garanzia in prestiti, per sancirne il giusto rapporto di valore.
Insomma, la catena è stata costruita dimenticandosi di alcune componenti non proprio trascurabili.

sabato 4 febbraio 2012

Prorogata CASA MOSTRA - Mostra mercato di Arte Contemporanea

CASA MOSTRA
Mostra mercato di Arte Contemporanea

A seguito del grande consenso riscosso nel corso della prima rassegna di CASA MOSTRA – Mostra mercato di Arte Contemporanea (svoltasi mercoledì 1 febbraio scorso presso l’abitazione privata di Cèline Carbonell, nota ed estrosa designer di interni francese) l’allestimento è stato prorogato per ulteriori quindici giorni.

Carbonell, trasferitasi a Roma dopo aver vissuto in Francia, negli Stati Uniti e a Kiev, ha aperto le porte di casa sua a Roma (C.so Vittorio Emanuele II, n°266) in occasione dell’evento espositivo organizzato da Kora Diffusione Culturale. Un’idea espositiva realizzata secondo la tradizione e cultura, ormai diffusa all’estero, di ridecorare e predisporre case e appartamenti in occasione di feste e mostre d’arte, curando i dettagli con eleganza e professionalità.
Protagonisti sono stati giovani ed emergenti artisti così come altri già affermanti nel panorama dell’arte contemporanea italiana ed internazionale. Artisti che hanno avuto la possibilità di personalizzare lo spazio a loro assegnato negli ambienti di casa Carbonell.

Esempio di questa libertà d’azione è stato Gianmaria De Luca (giovane fotografo già collaboratore, fino al 2011, dei docenti dell’Istituto superiore di Fotografia e Comunicazione integrata di Roma, ha partecipato all’ultima Mostra del cinema di Venezia esponendo la fotografia “Persona”, attualmente assistente presso lo studio del maestro Claudio Abate) che, potendo usufruire di un’intera stanza per mostrare i suoi lavori e quelli della costumista Veronica Tronelli, ha ricreato un’ambientazione utile a comprendere il significato intrinseco di ogni immagine della serie fotografica ispirata ai “Tarocchi”. (foto a lato). La stessa proprietaria di casa, Cèline Carbonell, ha alcune tra le sue creazioni per interni disposte in un apposito spazio rivisitato e ridecorato per l’occasione.
Hanno partecipato il sound designer Piero Mottola (i cui lavori sono stati conosciuti alla FIAC di Parigi, ad Artissima di Torino, al MACRO di Roma, alla 54esima edizione della Biennale di Venezia, fino alla Biennale de L’Avana che si svolgerà a Cuba da maggio 2012); lo scultore Alessandro Di Cola (giovane di talento già vincitore di premi come il Massenzio e con alle spalle esposizioni a livello internazionale e in occasione della 54esima edizione della Biennale di Venezia nella sezione di Firenze); l’artista Andrea Pinchi (anch’esso presente alla Biennale di Venezia 2011 e con una recente personale a Basilea); lo scultore Sergio Tumminello (già presentato dal critico Achille Bonito Oliva con un testo e con esperienze espositive importanti presso lo studio Abate e Takeawaygallery di Roma, Scuderie Aldobrandini di Frascati e il 9 febbraio inaugurerà un’esposizione presso Opera Unica di via della Reginella n°26, a Roma); Giada Paolini (giovane fotografa già presente alla 54esima edizione della Biennale di Venezia nella sezione di Parma, ha esposto presso la galleria Monserrato ‘900 di Roma).

Le creazioni del video artista torinese Alessandro Amaducci  (foto a lato) hanno permesso che il percorso espositivo di CASA MOSTRA si estendesse anche all’esterno dell’abitazione con una videoproiezione continua sulla parete del cortile interno.
Hanno partecipato Stefano Bufalini (incisore), Silvia De Marco (ceramista), Davide Galli (creatore gioielli), Patrizia Ghiringhelli Ambrosetti (fotografa), Mara Lautizi (pittrice), Bernadette Moens (incisioni), Myrtille Servettaz (fotografa) ed Esteban Vivaldi (regista) che ha proposto al pubblico un’insolita idea di autoproduzione per il film cui sta lavorando: “Era del rame”. Mettendo in vendita i singoli fotogrammi del primo ed unico episodio completato (2 euro ciascuno) Vivaldi offre la possibilità, ad ogni acquirente, la citazione in veste di produttore nei titoli di coda del film (foto sotto).

CASA MOSTRA – Mostra mercato di Arte contemporanea sarà, quindi, visibile per altri quindici giorni in Corso Vittorio Emanuele II, n°266, 00186 Roma, c/o Carbonell.
Le visite al percorso espositivo saranno possibili esclusivamente su appuntamento (contattare Kora Diffusione Culturale: 3470058042 Sara Mancini, 3463500196 Silvia Pardolesi, 3490892801 Flaminia Scauso). 

mercoledì 1 febbraio 2012

CASA MOSTRA!! Evento esclusivo

Mercoledì 1 febbraio si terrà la prima rassegna di CASA MOSTRA presso l’abitazione privata di Cèline Carbonell (Elle-Decoration Febbraio-Marzo 2012; Casa Viva Gennaio 2012), nota ed estrosa decoratrice di interni francese, trasferitasi a Roma, dopo aver vissuto in Francia, negli Stati Uniti ed in Ucraina. L’architetto aprirà, così, le porte di casa sua nel cuore di Roma (C.so Vittorio Emanuele II, n°266) per ospitare l'esposizione d'Arte Contemporanea organizzata da Kora Diffusione Culturale.
Un evento esclusivo che Carbonell da modo di realizzare secondo la tradizione, ormai diffusa all’estero, di ridecorare e predisporre abitazioni in occasione di feste e mostre d’arte, curando i dettagli con eleganza e professionalità. Gli ospiti entreranno in una vera e propria Factory, dove l'arte sarà lo stimolo dei sensi, con proiezioni di Video Art, ambienti scenografici, e istallazioni sonore. Durante la serata saranno, inoltre, offerti deliziosi e sorprendenti cocktail grazie alla partnership con la Federazione Italiana Barman. 
L’esposizione vedrà protagonisti 17 giovani ed emergenti artisti così come altri già affermanti nel panorama dell’arte contemporanea italiana ed internazionale, quali il sound designer Piero Mottola (i cui lavori sono stati conosciuti alla FIAC di Parigi, ad Artissima di Torino, al MACRO di Roma, alla 54esima edizione della Biennale di Venezia, fino alla Biennale de L’Avana che si svolgerà a Cuba da maggio 2012); lo scultore Alessandro Di Cola (giovane di talento già vincitore di premi come il Massenzio e con alle spalle esposizioni a livello internazionale e in occasione della 54esima edizione della Biennale di Venezia nella sezione di Firenze); l’artista Andrea Pinchi (anch’esso presente alla Biennale di Venezia 2011 e con una recente personale a Basilea); lo scultore Sergio Tumminello (già presentato dal critico Achille Bonito Oliva con un testo e con esperienze espositive importanti presso lo studio Abate e Takeawaygallery di Roma, Scuderie Aldobrandini di Frascati e il 9 febbraio inaugurerà un’esposizione presso Opera Unica di via della Reginella 26 a Roma); Gianmaria De Luca (giovane fotografo già collaboratore, fino al 2011, dei docenti dell’Istituto superiore di Fotografia e Comunicazione integrata di Roma, ha partecipato all’ultima Mostra del cinema di Venezia esponendo la fotografia “Persona”, attualmente assistente presso lo studio del maestro Claudio Abate); Giada Paolini (giovane fotografa già presente alla 54esima edizione della Biennale di Venezia nella sezione di Parma, ha esposto presso la galleria Monserrato ‘900 di Roma), la stessa Cèline Carbonell, padrona di casa, esporrà alcune tra le sue creazioni per interni. Tra gli altri saranno presenti Alessandro Amaducci (video art), Stefano Bufalini (incisore), Silvia De Marco (ceramista), Davide Galli (gioielli), Myrtille Servettaz (Fotografia), ecc ecc....

martedì 24 gennaio 2012

Achille Bonito Oliva intervistato al Bollettino dell'arte di lunedì 23gennaio 2012

BONITO OLIVA: “L’INGRESSO DEI PRIVATI NEI BENI CULTURALI LO PROPONGO DAGLI ANNI ‘70”
Una panoramica del critico d’arte sullo stato attuale del patrimonio culturale italiano e sull’evento d’arte contemporanea più importante in Italia: Arte Fiera di Bologna.


Achille Bonito Oliva è il critico d’arte a 360°, per avere inventato e curato un centinaio di esposizioni (l’ultima e di gran successo a Milano presso Palazzo Reale, “Transavanguardia italiana”, fino al 4 marzo 2012), per avere ideato e teorizzato il movimento stesso della Transavanguardia definendolo “aperto verso una posizione di superamento del puro materialismo di tecniche e nuovi materiali, approdato al recupero dell’inattualità della pittura, intesa come capacità di restituire al processo creativo il carattere di un intenso erotismo, lo spessore di un’immagine che non si priva del piacere della rappresentazione e della narrazione”.
Il maestro Bonito Oliva è intervenuto al Bollettino dell’Arte (in onda sul canale Livestream di Citofonareadinolfi), intervistato da Silvia Pardolesi.

Il ministro Lorenzo Ornaghi ha recentemente dichiarato che i beni culturali sono un elemento determinante nel nuovo modello di sviluppo che il governo Monti sta elaborando. Al momento, però, di strategie proprie in questo settore non si è ancora fatto cenno. Crede che esista un ritardo di intervento in materia di beni culturali?
Sono buone intenzioni che vanno, per il momento, rispettate. È chiaro che il nostro petrolio sono i beni culturali: la nostra materia prima. Lo si sa da decenni. E direi che la trasparenza morale di questi uomini che formano il governo Monti ci deve aiutare ad avere ancora un momento di pazienza  per aspettare qualche risultato che sicuramente verrà. Perché la buona intenzione c’è ed è chiaro che sia l’unica strada percorribile.

Ornaghi ha, comunque, specificato anche l’indispensabilità del coinvolgimento di privati e, quindi, la cooperazione tra Stato, realtà associative, fondazioni e privati nella tutela e gestione del patrimonio culturale. Qual è il suo pensiero in merito?
Io ho cominciato a praticare ciò negli anni settanta, con Graziella Lonardi. Abbiamo costituito una struttura privata, abbiamo interagito con il pubblico. E da allora abbiamo organizzato grandi mostre a livello mondiale sul contemporaneo, quindi in Italia e ance all’estero. All’inizio venivamo guardati con sospetto, da chi vedeva nel privato cattive intenzioni ma adesso finalmente anche le istituzioni si sono adeguate e anche la sinistra del paese è diventata più liberale.

L’esempio dell’annunciato restauro del Colosseo, con i 25 milioni di euro offerti da Diego Della Valle, non è da considerarsi una semplice sponsorizzazione ma un vero e proprio impegno civile di un imprenditore e cittadino italiano. È d’accordo?
È chiaro che è un impegno virtuoso, che va lodato e incoraggiato sostanzialmente.

Parliamo del caso Pompei. Esiste per il sito archeologico un finanziamento di 105 milioni che dovrebbe arrivare dalla Comunità Europea. Crede che i soldi arriveranno davvero o accadrà come per il Museo Riso di Palermo, il cui finanziamento europeo è rimasto intrappolato nelle trame della burocrazia?
Diciamo che sono problemi diversi perché Pompei non è un semplice bene archeologico ma è una città archeologica, quindi con problemi molto più complessi e vasti, problemi che vengono da lontano e che non riguardano solo il territorio ma tutta l’umanità. Sicuramente i soldi della Comunità Europea credo che arriveranno per un senso di responsabilità. Per quanto riguarda gli altri musei, il Riso di Palermo ma anche il Madre di Napoli, il discorso è politico, quindi vi si applica un’alternanza senza avere personale adeguato. La destra non ha il personale adeguato per collocare propri uomini a diregere musei d’arte contemporanea sia perché non crede nell’arte contemporanea stessa che perché non è nella sua mentalità. Il discorso si fa così più drammatico perché sono soluzioni da cui poi dipende la continuità della politica culturale o la limitazione di sperimentazioni che anche nel sud avevano preso piede.

Quindi esiste un prezzo che l’arte paga, forse troppo spesso, alla politica? Non si riesce mai a capire quali e quante siano le risorse e le possibilità proprie a valorizzare e a far funzionare quello che lei ha definito “il nostro petrolio”: il sistema dei beni culturali in Italia. Da una parte c’è incompetenza nella gestione dei fondi (spesso sprecati) e dall’altra una guerra che la politica si fa sull’arte…
Esiste questa guerra alla ricerca di politicizzare ogni cosa, ma per un desiderio di occupare gli spazi e non per amore della cultura.

Riguardo al progetto Grande Brera, ormai discusso da 35 anni con sempre nuove battute d’arresto, pensa possa essere emblematico di un diffuso e errato modo di lavorare e sfruttare adeguatamente quello che lei ha definito “il petrolio dell’Italia” e, quindi, il patrimonio artistico e culturale?
Sì, si costruisce poco. Si fa molta edilizia, speculazione edilizia e si fanno molti condoni. Ma quando si tratta di costruire il nuovo con concorsi internazionali trasparenti, anche vinti con proposte valide, ci sono tempi lunghissimi, davvero imbarazzanti.

Una realtà felice e che funziona, invece, nel panorama italiano dell’arte contemporanea è la kermesse Arte Fiera di Bologna (dal 27 al 30 gennaio). Manifestazione nella quale, dal 2007 e per tre anni, proprio lei ha gestito uno stand, lo “stand del critico”.
È stato un momento, nella Fiera, in cui io esponevo le mie idee critiche, dialogavo con gli artisti. Quest’anno sarò lì solo domenica 28 al MAMBO (Museo d’arte moderna di Bologna) alle 18, per presentare un film sulla Transavanguardia italiana e il catalogo (edito da Skira) della grande mostra “Transavanguardia italiana” (ora in corso, fino al 4 marzo, a Milano presso Palazzo Reale) che sta avendo grande seguito, tanto che il catalogo è stato dovuto ristampare. Quindi sarà un’occasione anche di riflessione con critici, curatori e un filosofo, in concomitanza con Arte Fiera che, speriamo, segni una battuta di ottimismo in questo momento di crisi anche del sistema dell’arte.

Sul numero speciale de L’Europeo (in questi giorni in edicola con il Corriere della sera), un numero dedicato interamente all’imminente edizione di Arte Fiera, lei ha dichiarato che nella crisi rientra pienamente anche il collezionismo, non solo dal punto di vista economico ma anche psicologico.
Tutto il sistema dell’arte, in tutti i suoi soggetti e in tutti i suoi passaggi, risente della crisi, è naturale. Però il grande collezionista non viene toccato: va, per esempio, a Basilea, ha contatto diretto con l’artista e riesce a lavorare con altri parametri e mentalità. In ogni caso la Fiera di Bologna è utile: crea contatti, scambi. È un appuntamento internazionale che, secondo me, crea contatto ed elimina ogni solitudine possibile. Insomma, l’arte serve a massaggiare il muscolo atrofizzato della sensibilità collettiva e a restituirci la speranza. Perché, come diceva Baudelaire, “la bellezza è una speranza di felicità”.

Tre buoni motivi per visitare, nei prossimi giorni, Arte Fiera?
Uno perché ci vado io! Due perché si inaugura una bella mostra di un grande artista, Marcel Broodhaers (dal 26 gennaio al 6 maggio, al Mambo di Bologna). Tre perché, stando a Bologna, a Modena e Prato (non troppo distanti) c’è modo di visitare le due mostre che accompagnano la Transavanguardia. A Prato, appunto, c’è la mostra di Nicola De Maria (“I miei dipinti si inchinano a Dio”, Museo Luigi Pecci) e a Modena c’è Sandro Chia (“Sandro Chia, opere dipinte, disegni e sculture”, ex Foro Boario).

“A Bologna, come ormai in tutte le Fiere, ci sono eventi collaterali- aggiunge Bonito Oliva –con Palazzi storici che si animano, con una certa energia. Bologna, poi, è una città aperta, cordiale e garantita da una figura come quella di Silvia Evangelisti (direttrice di Arte Fiera) che, secondo me, ha dato slancio alla Fiera di Bologna”.

venerdì 20 gennaio 2012

8° Bollettino dell'Arte 20genn2012

L'artista Piero Mottola, docente presso l'Accademia di belle arti di Roma (dove insegna Plastica ornamentale e Sound design) ci racconta il suo lavoro, attraverso l'estetica del suono, le radici nel Rumorismo di Luigi Russolo (anni '10 del '900, futurismo, avvento della macchina che porta il suo rumore a divenire parte integrante della sensibilità umana e ad essere elemento essenziale del linguaggio musicale).

Mottola gioca su un'ampia campionatura di rumori, che raggruppa in categorie.
Dall'incrocio dei rumori distingue dieci emozioni profonde.
Un tutto che sfocia nelle sue installazioni "emozionali" che uniscono spesso acustica e cromatismi, creando quelle che sono vere e proprie Passeggiate "emozionali".

Lungo la chiacchierata, l'artista ha raccontato l'esperienza avuta alla Biennale di Venezia 2011, negli spazi espositivi dell'isola di San Servolo.
Ha introdotto la partecipazione all'undicesima edizione della Biennale de L'Avana (che si terrà a Cuba, 11 maggio- 11 giugno), anticipando il proprio personale progetto e descrivendo l'idea complessiva della sezione italiana intitolata "L'etica prima della forma - Arte nell'epoca dei cambiamenti necessari" (nella quale vedrà al suo fianco Flavio Favelli, Valerio Rocco Orlando, Marinella Senatore e Giuseppe Stampone).

In chiusura, una manciata di secondi per la Città Ideale del Quattrocento, riferendoci al percorso tracciato da Philippe Daverio nel suo "Il Museo Immaginato".

P.S.: Inconveniente del citofono cui ho dovuto rispondere..;)


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martedì 17 gennaio 2012

5°Bollettino dell'Arte - 17 gennaio 2012

Oggi Vittorio Sgarbi ci spiega il suo pensiero riguardo la vicenda del museo Madre di Napoli e sul sistema dell'arte contemporanea in generale.


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lunedì 16 gennaio 2012

4° Bollettino dell'Arte (16gennaio2012)

Quarta puntata del Bollettino dell'Arte, su www.livestreame.com/citofonareadinolfi.
Dal sondaggio lanciato da Artribune su chi sia il personaggio più influente e potente nel panorama dell'arte italiana alla vergogna della situazione e della gestione dei musei italiani, con guerre politiche che troppo spesso vanno ad intaccare e ad intralciare il lavoro e il corretto funzionamento degli enti artistico-culturali. Parliamo quindi del Madre di Napoli, del Riso di Palermo e citiamo i casi del Man di Nuoro e della Galleria civica di Trento.
Si prosegue con una breve occhiata al Pensatoio immaginario di Philippe Daverio, all'interno del libro "Il Museo Immaginato" che stiamo prendendo come spunto per la lettura di alcune opere celebri della storia dell'arte.
Particolare attenzione al lavoro del pittore settecentesco Giovanni Paolo Pannini.





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giovedì 12 gennaio 2012

Quattro richieste a Monti

Forse il miglior articolo di Mario Adinolfi:

3°Bollettino dell'Arte - 12/01/2012

Oggi ho parlato della smentita da parte dell'assessore Sebastiano Missineo sulla chiusura annunciata (e confermata) del Museo Riso di Palermo. Chiusura annunciata per mancanza di fondi.
L'assessore Missineo ha rilasciato un'intervista ad Atribune, in cui dichiara che il finanziamento da parte della Commissione europea (per, lo ricordo, 12 milioni e mezzo di euro) non è in realtà "bloccato" per oscuri motivi, come si ipotizzava, presso la regione Sicilia. Ma si sta semplicemente aspettando che l'iter burocratico faccia il suo corso e che i progetti presentati dal Museo Riso siano effettivamente valutati idonei.
La polemica ha le premesse per diventare veramente interessante e la seguiremo nei prossimi giorni...


Ho ripreso il viaggio nel Museo Immaginato di Philippe Daverio, parlando delle opere che lui ha voluto esporvi.
La prima incontrata oggi, ancora in anticamera, è Amor sacro e Amor profano di Tiziano Vecellio, opera datata 1514 e, oggi, conservata presso la Galleria Borghese.
Mi piace ricordare il pensiero di Roberto Longhi, a proposito di questo lavoro: "impasto che ha sapor vivente del marmo greco".
Perché qui Tiziano sfodera e mostra la propensione verso l'antichità, che per altro lui mai ha visto personalmente non essendo mai stato a Roma.
Ma è un'antichità che ha appreso tramite disegni e incisioni passategli sotto gli occhi.


La seconda opera che Philippe ci presenta, oggi, è Giove e Io di Antonio Allegri nonché il Correggio. Artista di cui mi piacerebbe poter dire tanto, forse troppo, per la meraviglia e la morbidezza della sua pittura, per la luce diffusa da questa e per l'attrazione naturale a salire, essendo anche solo spettatore, verso la cima di quelle cupole stupefacenti di Parma: in San Giovanni Evangelista e in Duomo.
Tanto altro vorrei dirne e, forse, ne dirò.


Alla prossima puntata.


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